I segnali di disequilibrio e insostenibilità finanziaria
La crisi aziendale costituisce una delle fasi, seppur patologica e con conseguenze indesiderabili, del divenire economico e finanziario nel ciclo di vita dell’impresa. Essa si presenta tale, e spesso assurge a casus operandi per i professionisti e specialisti della patologia, solo quando arriva a intaccare anche la stabilità finanziaria, con conseguente corruzione della parte più a rischio della finanza investita nell’azienda: il patrimonio sociale. Parlo di corruzione e non di erosione, perché il patrimonio netto societario da legalmente e bilancisticamente positivo può trasformarsi in patrimonio inesistente o addirittura negativo. E questo perché in procinto della crisi si è vicini all’orizzonte degli eventi, per usare un’espressione mutuata della fisica moderna, ovvero un situazione dove i criteri di valutazione degli asset e le valutazioni dei creditori circa i loro crediti cambiano repentinamente e drasticamente. Infatti, gli avviamenti e le immobilizzazioni immateriali perdono drasticamente il loro valore, gli asset materiali non appaiono più ammortizzabili, i crediti e i beni a magazzino assumono un diverso grado di recuperabilità. Dal lato delle passività i fornitori di beni e servizi diventano molto attenti alla concessione di dilazione e anzi tendono a ridurre i tempi di incasso dei propri crediti, i prestatori di finanza (in specie banche) tendono a restringere gli affidamenti e se possibile a chiuderli.
È una situazione in cui le normali regole economiche e finanziarie vengono a modificarsi e si entra in una diversa dimensione, dove anche le ordinarie regole giuridiche sono ineluttabilmente e necessariamente adombrate dalla norma concorsualistica, sia concordataria sia fallimentare, che di lì a poco si potrebbe proiettare sull’azienda e sui suoi rapporti giuridici. Alcuni esempi di questo modificarsi, relativamente alle regole economico/finanziarie sono lo spostamento del focus dalla massimizzazione del profitto alla massimizzazione dei flussi di cassa, specialmente nel breve/medio periodo, il massimo contenimento degli investimenti, la dismissione degli asset non coerenti con il nuovo Piano industriale. Circa le regole giuridiche occorre porre l’attenzione sulle azioni che possano andare a incidere sulla par condicio creditorum e che possono confinare con i reati di bancarotta, e quindi, pagare debiti pregressi verso fornitori strategici o pagare con metodi inusuali, datio in solutum o permuta, o concedere garanzie. E ancora ricercare finanziatori laddove una realistica e documentabile situazione economico finanziaria dell’azienda ormai non lo consenta più.
I segnali di disequilibrio per gli osservatori esterni sono rintracciabili sostanzialmente nei bilanci di esercizio, mentre per il Top Management esistono ulteriori e diversi indicatori di performance e di posizionamento aziendale strategico che possono fare risaltare la situazione e il grado di crisi.
Tra i principali indicatori, quelli ricavabili di bilanci, troviamo il trend delle vendite negli ultimi anni, il MOL, la Posizione Finanziaria Netta, lo Z-score di Altman, il ROI, il Rapporto di indebitamento, gli indici di liquidità, ecc. Ma, oltre a questi ultimi, sono gli indicatori in possesso o comunque individuabili dal Top Management che denotano effettivamente la capacità dell’azienda di superare la crisi nel medio periodo. Tra questi troviamo l’andamento del Cash Flow, il Posizionamento strategico aziendale e dei prodotti, l’elasticità e la resilienza della struttura organizzativa, la qualità del personale rimasto in azienda, la capacità di tradurre i piani di riconversione e trasformazione in azioni efficaci e repentine, la capacità di attrarre ancora risorse finanziarie. (1)
Prime valutazioni sui rimedi possibili
Il Top Management, sia esso il Consiglio di Amministrazione o l’Amministratore Delegato, già nella normativa antecedente alla riforma del crisi d’impresa del gennaio 2019, deve, se non lo avessero ancora fatto, mettersi nelle condizioni di “agire in modo informato” come richiede l’art. 2381 c.6 c.c., pena non solo le azioni di responsabilità nascenti in caso di fallimento ma anche dei risvolti penali che la norma concorsualistica prevede in caso di esito negativo dei tentativi di risanamento. Con il Decreto Legislativo in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e in attuazione della legge delega n.155/2017, tale principio è stato riconfermato e anzi esteso a tutti gli imprenditori che operino “in forma societarie e collettiva”, attraverso la modifica dell’art.2086 del codice civile, prevedendo l’istituzione di un assetto organizzativo e contabile che permetta il monitoraggio degli indicatori premonitori della crisi e della continuità aziendale. Ne consegue che l’organo gestorio deve adottare e adattare l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile in funzione delle mutate condizioni aziendali. Volendo fare un paragone mutuato dallo sport dello sci, al cambio di pendenza (leggi crisi aziendale) devono cambiare gli assetti per poter rispondere alle diverse forze che spingono l’atleta (leggi azienda). Pertanto l’Organo gestorio dovrà valutare attentamente l’adeguatezza del sistema di controllo di gestione e pianificazione economico-finanziaria, ma soprattutto ragionare in termini numerici sulle strategie di medio e lungo termine circa il posizionamento dell’azienda e dei singoli prodotti sul mercato e sulla capacità dell’azienda di tradurre i Piani individuati in azioni efficaci attraverso la struttura organizzativa costituenda. Quanto sopra è una delle necessarie implicazioni del concordato in continuità: il Commissario giudiziale e il Giudice devono essere messi nelle condizioni di valutare numericamente la fattibilità e l’andamento della gestione.
La decisione dell’Organo Gestorio
In base ai dati e alle informazioni, individuate eventualmente con l’ausilio di professionisti esterni (che garantiscono il necessario distacco dalla situazione aziendale, vissuta talvolta con coinvolgimenti emotivi che devono esulare dalla gestione aziendale), e al livello di crisi aziendale in essere (early recovery, intermediate recovery, late recovery) l’Organo gestorio prenderà le decisioni che meglio permettono di preservare il patrimonio aziendale e tutelare la possibilità di rimborso dei debiti esistenti.
Tra le più decisive e importanti determinazioni dell’Organo gestorio vi è quella della presa di coscienza della impossibilità che attraverso lo stesso Management e il suo modus operandi, sia possibile implementare con efficacia un Piano di Ristrutturazione. Anzi, spesso il Top Management è la causa del dissesto, pur avendo agito, il più delle volte, in buona fede. Questo è un passaggio critico per il salvataggio dell’azienda. Un eventuale ritardo o distorta valutazione circa la magnitudo del ricambio del Management, può mettere a serio rischio l’attuazione del Piano, sia esso già individuato o da individuare. (2)
La ricerca dei professionisti e la figura del Chief Restructuring Officer (CRO)
La prassi ha evidenziato come solo con il cambiamento del Management sia possibile portare avanti efficacemente il Piano di ristrutturazione. Nel caso in cui l’Organo gestorio prenda coscienza di tale necessità avrà la possibilità di scegliere tra, diverse figure di professionisti che possono efficacemente affrontare la situazione. (3)
Sono professionisti che hanno fatto della gestione delle situazione di crisi aziendale una loro specializzazione, che sanno agire prontamente e con sicurezza, laddove i Manager dell’azienda si trovano spesso per la prima volta ad affrontare situazioni che si trovano “all’orizzonte degli eventi”.
A seconda delle cause e dalla gravità della crisi le figure interessate potranno essere:
- il CFO (Chief Financial Officer) che dovrà proporre in tempi ristrettissimi un sistema di reporting economico-finanziario e di KPI coerente con la situazione. Non si tratta di implementare un nuovo sistema informatico, ma di individuare pochi dati certi e puntuali all’interno e garantirne la produzione sistematica e periodica, all’Organo gestorio e agli organi concorsuali;
- il CEO (Chief Executive Officer) ovvero la figura che se ne intende del business specifico dell’azienda e ne promuoverà la strategia e la sua attuazione;
- Altre figure chiave in funzione del business specifico dell’azienda.
Tra tutte le figure sopraesposte, il CEO e il CFO sono quelle di maggior rilevanza fin dal primo momento. Infatti il CEO avrà la responsabilità di proporre all’Organo gestorio la nuova strategia aziendale e il Piano di ristrutturazione, mentre il CFO avrà la responsabilità della correttezza dei numeri economici/finanziari e l’autorevolezza nella rappresentazione agli stakeholder, agli organi della Procedura concordataria e all’Attestatore. Non solo, l’attenzione che il nuovo testo legislativo attribuisce ai “tempi delle azioni da compiersi” e ai risvolti finanziari della gestione aziendale attribuiscono un ruolo chiave al CFO in modo tale che agisca in un’ottica progettuale.
Per quanto sopra esposto si rende evidente come la proposizione e l’implementazione di un Piano di ristrutturazione, da parte dello stesso management che ha portato l’azienda nella situazione di crisi, sia una prassi rischiosa ai fini del buon esito dell’operazione di ristrutturazione e per la quale un diligente attestatore dovrebbe porre attenzione. Execution is not a commodity, ovvero scrivere piani, condividerli e vederseli approvati, risulta essere relativamente semplice, ma ciò che è meno semplice è la traduzione dei piani in risultati consuntivi che confermino ed eventualmente migliorino il piano.
Di più. In considerazione del fatto che essendo l’azienda in crisi e attraverso il proprio agire può produrre ancora conseguenze negative, in termini di riduzione del patrimonio sociale a garanzia dei terzi, tra i professionisti esterni che l’Organo gestorio può considerare di coinvolgere nel processo di ristrutturazione, vi è quella del CRO (Chief Restructuring Officer) il quale assume la funzione di coordinamento tra le figure suddette e di tramite con gli stakeholder, assicurando organicità e corretta implementazione del processo di ristrutturazione. È una figura, in realtà, molte volte richiesta dai finanziatori (leggi banche) che vogliono assicurare una gestione professionale della crisi, finalizzata alla riuscita del piano. Più realisticamente dovrebbe essere una figura voluta dall’Organo gestorio, essendo il CRO in grado di negoziare professionalmente con gli stakeholder, in coerenza con il Piano e con un giusto grado di indipendenza.
A rafforzare la posizione, spesso, i professionisti suddetti, in specie il CRO, fanno parte dell’Organo gestorio, corroborando il loro operato con responsabilità personali. (4)
Conclusioni
Dalla breve trattazione che precede si può pertanto concludere che il concordato in continuità aziendale, attuato attraverso una corretta individuazione e implementazione del Piano di ristrutturazione che porti al superamento della crisi e al rispetto degli accordi concordatari, implichi:
- la predisposizione di una reportistica economico-finanziaria puntuale e intellegibile, redatta a norma di legge
- il ricambio del Management
- l’introduzione di un professionista, il CRO, che individui driver di ristrutturazione realizzabili, coordini efficacemente le fasi della processo di ristrutturazione e si interfacci con gli stakeholder e l’Organo gestorio.
Bibliografia
(1) Tra gli altri , E.Altman, E. Hochkiss, Corporate Financial Distress And Bankruptcy: predict and avoid bankruptcy, analyse and invest in distressed debt, Wiley, 2005 e L.Guatri, Turnaround: decline, crisi e ritorno al valore, Egea, 1995.
(2) L. Guatri, Crisi e risanamento delle imprese, Giuffré, 1986; S. Slatter, D. Lovett, Corporate Turnaround, Panguin, 1999
(3) T.Duval, P.Silvia, Self-avwareness and causal attribution: a dual system theory, Kluwer Academic, 2001; V. Barker, Organizational causes and strategic consequences of the extent of Top Management Team replacement during turnaround attempts, in Journal of strategic Management, XXXVIII, 2001; S. Clapham, C. Schwenk, Self-serving attributions, managerial cognition, and company performance, in Strategic Management Journal, XII, 1991
(4) I. Gales, I.Kesner, An analysis of Board of Director size and composition in bunkrupt organizations, in Journal of Business Research, XXX, 1994