“I classici sono quei libri che quanto più si crede di conoscerli, tanto più quando si rileggono si trovano nuovi e inaspettati inediti.” (Italo Calvino)
È proprio quello che è successo a me.
Riprendendo in mano il testo cinquant’anni dopo gli studi ginnasiali e con l’esperienza di trentotto anni di lavoro, si sono materializzati spunti che si collegavano perfettamente alla mia vita professionale.
In fondo un grande condottiero non poteva non essere un grande manager; Cesare però, a differenza degli altri condottieri della storia, ha lasciato una testimonianza diretta del suo operato e dei suoi princìpi guida attraverso due delle sue opere (Commentarii de bello Gallico e Commentarii de bello civili).
In questo articolo ho modestamente cercato di evidenziare le lezioni di leadership che Giulio Cesare ci ha involontariamente (o volontariamente?) tramandato.
E un eterno grazie a quei monaci che tra il IX ed il XII secolo hanno trascritto questa opera, assieme ad altre migliaia greche e latine, con dedizione e passione, con una straordinaria lungimiranza storica e culturale; da loro riceviamo in dote l’incommensurabile patrimonio delle radici della nostra civiltà.
La guerra Gallica
La Guerra Gallica si svolge tra il 58 e il 51 a.C. in un crescendo di azioni belliche e di conquiste Romane.
Il casus belli è il transito del popolo degli Elvezi attraverso la Gallia Narbonese (meridionale); gli Edui, alleati di Roma, chiedono aiuto e da lì si materializza l’intervento di Cesare.
La guerra si conclude virtualmente nel 52 a.C. con la battaglia di Alesia e la sconfitta dei Galli guidati da Vercingetorige.
NDR: per ragioni di spazio siamo costretti a rimandare i lettori interessati a maggiori dettagli sugli eventi politici e bellici e alla vita di Cesare ad altre fonti (p.e. Wikipedia); sono spiacente.
I princìpi dell’azione militare e politica di Giulio Cesare
I princìpi su cui si fonda l’azione di Giulio Cesare sono quelli della tradizione Romana Repubblicana, quella cioè che emerge vincitrice alla fine delle guerre Puniche, dopo 100 anni di lotta, nel 146 a.C. con la distruzione di Cartagine da parte di Scipione Emiliano:
- La dignità oltre che la gloria, di Roma
- Il rispetto delle alleanze
- L’aiuto ai popoli amici
In più Cesare aggiunge i suoi princìpi etici personali:
- Il rispetto della storia e della tradizione dei popoli
- La consapevolezza della forza politica e militare di Roma
- Il rispetto per le persone, siano essi alleati o nemici
- La enorme considerazione per i propri soldati
Le qualità di leadership di Cesare
Ai princìpi etici e morali si aggiungono, fondamentali per il raggiungimento delle vittorie militari e politiche, le qualità di leader e condottiero di Cesare; esporrò di seguito queste qualità e ogni lettore farà in autonomia un parallelo con i principi di gestione di una impresa.
I nemici e gli alleati
I nemici egli alleati costituiscono il suo “mercato di riferimento”, sono i competitor e i partner , ambedue molto instabili per ragioni opportunistiche e culturali: un quadro concettualmente assai simile a quello attuale in cui tutto è in continuo movimento ed evoluzione.
Cesare non perde mai di vista gli uni e gli altri conoscendo la loro inaffidabilità, mantenendo comunque un atteggiamento aperto e conciliante, decidendo quando perdonare e quando punire ferocemente le trasgressioni ai patti; il tutto in funzione dei suoi obiettivi; ma mai in contrasto con i suoi princìpi.
Ogni anno Cesare riunisce i capi tribù della Gallia in una “conferenza generale” e per essere messo a conoscenza diretta dei vari problemi del territorio, ben sapendo che tra di loro vi sono alleati e nemici. In verità il primo obiettivo è guardarli in faccia e in quale atteggiamento si pongono; e comunque, mai rinunciare a una soluzione conciliata!
L’insegnamento: Per affrontare un’impresa occorre conoscere a fondo il sistema in cui si opera e i temi specifici; l’approssimazione e l’impreparazione non pagano mai.
Un altro insegnamento: non derogare mai dai princìpi etici e morali propri e della propria organizzazione: sono la nostra connotazione e il nostro sano riferimento.
Rapidità di analisi, di azione e di reazione
Veni, vidi, vici: Zela, 47 a.C. : la sintesi della filosofia di azione di Cesare, ovvero il tempo come primo fattore di successo nella propria attività; principio applicato totalmente e implacabilmente in tutta la campagna Gallica.
La velocità di analisi deriva dalla perfetta conoscenza dei nemici, del territorio, del contesto, oltre ovviamente dall’intelligenza dello stratega; le minacce e le opportunità possono essere valutate immediatamente e da lì pianificare le contromisure.
La velocità di azione deriva invece dalla padronanza della struttura operativa (l’esercito Romano), la sua efficienza e la sua forza. E ovviamente è la cavalleria la vera arma vincente di GC: significa per lui rapidità e sorpresa e decide spesso le sorti della battaglia.
Cesare si muove a velocità cinque volte superiore ai suoi nemici, arriva prima il suo esercito della notizia del suo imminente arrivo. Le legioni, con vettovaglie e masserizie, si spostano anche a 30 Km al giorno per boschi e campagne. E quando i nemici cercano di emularlo in rapidità, lui aumenta ancora la sua.
58 a.C. Il ponte sulla Saona: attraversa il fiume in un giorno, quando gli Elvezi lo guadano in venti giorni. Affronta così l’esercito nemico, il più potente del tempo, diviso sulle due sponde e lo sbaraglia con forze dieci volte inferiori. Gli Elvezi rientrano decimati nelle loro terre e scompaiono dalla storia.
L’insegnamento: Il tempo come elemento decisivo: capire rapidamente, pianificare rapidamente, agire rapidamente.
Il perseguimento degli obiettivi
Cesare è conosciuto come il condottiero delle imprese impossibili; questo perché dedica tutti i suoi sforzi e quelli dei suoi primi attendenti a pianificare ogni azione possibile per raggiungere i suoi obiettivi. Senza mezzi termini; solo salvaguardando – senza compromessi – l’incolumità dei suoi soldati. Un obiettivo si centra o non si centra, non ci sono mezze vittorie.
In otto anni di campagna non incassa sul campo – personalmente – una sola sconfitta, nonostante combatta costantemente con forze molto inferiori di numero rispetto ai nemici.
56 a.C. Cesare non riesce a sconfiggere definitivamente sul terreno i Veneti, popolo marittimo Bretone; allora fa costruire una flotta in poche settimane per affrontare i Veneti nel loro campo di battaglia, il mare, e progetta navi adatte al combattimento. Con le falci taglia la vela alle navi nemiche e poi le abborda ad una ad una; trasforma una guerra di mare in una guerra di terra, come aveva fatto Lutazio Catulo alle Egadi nel 241 a.C. contro Cartagine.
52 a.C. Battaglia di Alesia: una delle imprese militari più strepitose della storia, un insieme di genio, valore, strategia, tattica, ingegneria, organizzazione, politica; 60.000 Romani, stretti dall’interno e dall’esterno da 320.000 Galli guidati da Vercingetorige, obbligano i nemici alla battaglia, li sbaragliano e li costringono alla resa. L’assedio, la preparazione e le fasi cruciali della battaglia sono descritti in molti capitoli; la vittoria in poche righe, come se il nemico fosse improvvisamente evaporato.
E dopo gli obiettivi militari ci sono gli obiettivi politici, anche questi spesso molto difficili da raggiungere data la volubilità del popolo Gallico: la diplomazia e la forza si alternano continuamente senza perdere mai di vista il punto di arrivo. E mette spesso in pratica il comandamento più drastico: i veri nemici devono essere uccisi.
Vercingetorige, il capo e il simbolo della rivolta del 52 a.C. viene condotto a Roma e mostrato nella parata della vittoria; poco dopo in carcere viene sommariamente strangolato: troppo rischioso tenere in vita un nemico dichiarato e irriducibile, anche se in catene. Una lezione che gli Inglesi non hanno voluto applicare con Napoleone dopo Lipsia, ma hanno dovuto applicare dopo Waterloo.
L’insegnamento: Chiarezza degli obiettivi e assoluta determinazione nel raggiungerli a pieno; l’impossibile è in subordine al necessario.
La cura dell’organizzazione e della logistica
Combattere una guerra in trasferta per sette anni significa pensare non solo alla fase bellica, ma anche al sostentamento delle persone: le vettovaglie erano dunque per Cesare un fattore strategico che ha spesso deciso a suo favore l’esito dei singoli conflitti.
Quindi i soldati Romani, oltre a essere formidabili combattenti, dovevano essere anche agricoltori, allevatori, panificatori, cuochi, macellai; e al seguito dell’esercito c’erano comunque degli specialisti, soprattutto ingegneri, con tutta l’attrezzatura necessaria. I nemici al contrario, spesso più dotati fisicamente, forti e valorosi, si trovano spesso a scavare trincee con le mani e a portare via la terra nei loro mantelli; e non riescono a organizzarsi tra loro neppure nei momenti più critici.
Nei grandi assedi i legionari costruiscono macchine da assedio, scavano trincee e fossati, erigono palizzate e fortificazioni.
52 a.C. Nel doppio vallo di Alesia 60.000 Romani contro 320.000 Galli; un piano militare unico nella storia, con una fortificazione di 20 Km di circonferenza, armata verso l’interno e verso l’esterno nello stesso modo: sarà la chiave della vittoria.
Nel passaggio dei fiumi non guadabili i legionari diventano carpentieri e costruiscono ponti.
55 a.C. Costruito in 10 giorni un ponte sul Reno, dal quale 5 legioni passano in una notte per invadere le proprietà dei Germani; alla fine della guerra, dopo 15 giorni, l’esercito si ritira e il ponte viene abbattuto!
Se bisogna combattere sul mare i soldati diventano maestri d’ascia e costruiscono navi di ogni stazza e forma.
54 a.C. In preparazione di una seconda spedizione in Britannia Cesare progetta navi più adatte a tale impresa: in inverno le sue truppe ne costruiscono 628 (!) pronte a essere varate in primavera.
E la macchina bellica Romana, nel suo complesso, vince spesso da sola le battaglie, senza combattere, semplicemente terrificando i nemici.
L’insegnamento: L’organizzazione di un’impresa e la cura delle attività a supporto sono i fattori che fanno spesso la differenza.
La gestione degli uomini
Cesare è il primo condottiero della storia che, in modo documentato, ha un rapporto con le sue truppe di tipo globale.
Cesare sa di avere nei suoi legionari un’arma in più di qualunque nemico; conosce il loro valore e la loro polifunzionalità e li sfrutta fino in fondo, anzi li esalta; capisce quando arriva il momento del riposo e quando invece deve e può schiacciare sull’acceleratore.
52 a.C. Assedio alla città di Villaunoduno (Senoni): in due giorni scava un vallo attorno alla città, il terzo giorno la città si arrende senza combattere! Lascia due legioni e parte per Cenabo, dove arriva in due giorni (92 Km di cammino tra boschi e campagne!); assedia Cenabo (Carnuti) prima che i Galli si siano organizzati per difenderla e nella prima notte entra in città e massacra i nemici.
Cesare considera i suoi uomini delle preziose risorse e mai carne da cannone, neppure quando il loro sacrificio avrebbe portato un vantaggio complessivo alla sua causa; non baratta mai una vittoria con la perdita di vite umane tra le sue truppe; anzi, in più di una occasione rifiuta il combattimento perché giudica sfavorevole la sua posizione in battaglia e si contrappone ai suoi soldati che, al contrario, fremevano per battersi; spesso si ritira e si prende anche del vigliacco dai nemici.
52 a.C.: vuole togliere l’assedio da Gergovia perché i viveri sono scarsi, ma sono i suoi soldati a volere rimanere per vendicare i compagni caduti a Cenabo la settimana prima.
Spesso annota che ha massacrato migliaia di nemici e non ha perduto nessuno dei suoi!
Le torri che costruisce a intervalli lungo le palizzate attorno ad Alesia servono, scrive, a fare combattere i suoi dall’alto, in piena sicurezza.
E come non si sofferma sulle vittorie, anche le più sudate, al contrario celebra i suoi morti, li ricorda, li rimpiange, giustifica la loro condotta anche se diversa da quella che lui stesso avrebbe tenuto negli stessi frangenti.
L’insegnamento: Un Leader ha cura e rispetto per le proprie Risorse Umane.
La comunicazione e l’esempio
Cesare capisce che la comunicazione è l’arma vincente per la motivazione dei legionari; i quali conoscono sempre prima cosa farà il loro comandante e perché.
I dettagli della battaglia, nel possibile, sono sempre discussi in consiglio di guerra; al quale partecipano non solo i legati e i tribuni, ma anche i centurioni, “vera spina dorsale dell’esercito” come dice Cesare, perché i più vicini alla truppa prima, durante e dopo il combattimento; i capi squadra della legione. E dei tre più valorosi (Baculo, Vereno, Sesto) tesse le lodi più di una volta, principalmente per l’esempio dato e lo spirito di abnegazione per la salvezza dei propri soldati. Cesare non perde l’occasione di parlare ai suoi uomini, per rimproverarli per una condotta sconsiderata in battaglia, per consolarli dopo una sconfitta e per motivarli a una rivincita. E fa seguire i fatti alle parole, tenendoli al riparo per recuperare forze e fiducia in sé o facendoli esporre al nemico per far crescere la convinzione della loro forza.
57 a.C. Battaglia della Sambre: assalto improvviso dei Nervi alle masserizie Romane; data la sorpresa e la confusione, GC non riesce a dare ordini a tutte le truppe, ma tanto i capi intermedi (tribuni e legati) quanto i centurioni e i soldati semplici sanno bene cosa fare e si organizzano per la difesa e il contrattacco impeccabilmente. Autonomia, preparazione, responsabilità diffusa, certezza del sostegno del capo: le cose funzionano anche senza di lui.
E infine l’esempio:
l’esempio di valore, esponendosi in battaglia nei momenti più drammatici, come nello scontro decisivo di Alesia, indossando il suo mantello di porpora per essere visto dai legionari e anche dai nemici;
l’esempio nel sacrificio, nelle lunghe e rapide marce di trasferimento e in periodi di carestia;
l’esempio di lealtà e di mantenimento delle promesse fatte, verso amici e nemici.
L’insegnamento: Comunicazione ed esempio sono due chiavi essenziali della leadership: dalla notte dei tempi.
Conclusioni
In 2000 anni non uno di questi princìpi ha perso di validità; al contrario, oggi come non mai questo quadro di riferimento è attuale.
O no?