In un mondo scosso da cambiamenti fino a ieri inimmaginabili, nessun business è esente da rischi e il ruolo dell’Industry 4.0 è diventato ancora più critico con il Covid-19 a far da cornice.
Una recente indagine di McKinsey ha dimostrato che la ripresa è condizionata da due forze opposte: da un lato è spinta dalla necessità di irrobustire la resilienza e l’agilità delle industrie, dall’altro è frenata dal vincolo di preservare liquidità in un periodo di crisi e quindi di ridurre gli investimenti.
Nuovi temi, quali il distanziamento sociale, la collaborazione in remoto, il monitoraggio delle condizioni di salute dei dipendenti, si uniscono a concetti più consolidati quali la produttività e il servizio al cliente, stimolando le Aziende alla ricerca di soluzioni quick-win offerte dalla digitalizzazione.
L’obiettivo è ridisegnare processi e organizzazioni adottando efficacemente le tecnologie abilitanti già in uso, nel rispetto della sostenibilità economica oggi assolutamente vitale per la sopravvivenza del nostro business.
In considerazione della numerosità delle riflessioni, quest’argomento sarà oggetto di più articoli. Si parte dalla necessità e dai vantaggi di promuovere e non subire la trasformazione digitale, per descrivere poi come le tecnologie abilitanti possono praticamente contribuire a rendere efficienti ed efficaci i processi di approvvigionamento materiali, manifattura, stoccaggio e distribuzione che costituiscono appunto la value chain di un business.
L’importanza della gestione del cambiamento
L’impatto della trasformazione digitale sta generando la necessità di rivedere la struttura organizzativa dell’azienda.
Si dovrà sempre più frequentemente abbandonare il sistema gerarchico classico, basato su una struttura piramidale, in cui ruoli e competenze sono strettamente settoriali e in cui c’è scarsa flessibilità nelle mansioni, e si dovranno invece abbracciare organizzazioni più flessibili, capaci di creare network collaborativi.
La tecnologia cresce a ritmi esponenziali, mentre la nostra capacità di comprensione di essa cresce a ritmi graduali e lineari. È necessario creare contesti appropriati che generino fiducia, competenze e mezzi necessari per digitalizzarsi, nella consapevolezza che si tratta di un fenomeno evolutivo che non può essere ignorato o fermato, pena l’estinzione.
I social media garantiscono una coordinazione e un dialogo costante, tuttavia bisogna anche tener conto che non vanno a compensare la mancanza di contatto diretto tra le persone, che in alcuni casi può fare la differenza, e che andrà opportunamente sostituito con surrogati efficaci.
La chiave del successo sta soprattutto nell’attitudine delle aziende di abbracciare il cambiamento, sviluppando nuovi ruoli e capacità digitali in ciascuna organizzazione.

Transizione verde e trasformazione digitale: la strategia di crescita dell’Europa
L’Europa sta guidando la transizione verso un pianeta in salute e un nuovo mondo digitale, pertanto la trasformazione verde e la trasformazione digitale sono diventate due sfide indissociabili che richiedono un immediato riorientamento delle industrie verso soluzioni circolari, efficienti nell’impiego delle risorse e a impatto climatico zero.
Le tecnologie abilitanti supportano il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale. La connettività, la capacità di estrapolare informazioni significative da una grande mole di dati, lo spazio virtuale che annulla le distanze fisiche rendono possibile accedere a opportunità di business sconosciute, agiscono su sprechi invisibili e garantiscono la continuità in periodi di crisi.
Gli effetti dimostrati della digitalizzazione
Nel 2019 l’Istat ha censito un campione di circa 280 mila imprese di tutti i settori, che corrispondono al 24% delle imprese italiane. Il 78% di esse ha investito o comunque utilizzato almeno una delle tecnologie digitali nel periodo 2016-2018.
I risultati del censimento ci dicono che i due terzi delle aziende ritengono che la digitalizzazione abbia agevolato la condivisione di informazioni e conoscenze, mentre più della metà ritiene che si sia ottenuto un aumento misurabile dell’efficienza dei processi. Tra gli altri vantaggi citati ci sono anche l’accresciuta possibilità di acquisire dall’esterno beni e servizi di migliore qualità.
Soltanto un trascurabile campione ritiene che l’investimento in digitale abbia provocato un aumento dell’esposizione finanziaria e solo l’1,7% ha evidenziato che nella fase di transizione al digitale si è avuto un peggioramento dell’efficienza e della produttività.
Visibilità lungo tutta la Supply Chain

La Supply Chain assume un ruolo strategico per la competitività dell’azienda in quanto processo che porta il prodotto al Cliente. L’applicazione delle tecnologie abilitanti in quest’ambito crea significativo valore perché semplifica e imprime velocità di adattamento all’intero processo di produzione e distribuzione.
L’obiettivo che la gestione della supply chain dovrebbe porsi è incrementare la visibilità della filiera. Conoscere non solo se i prodotti, i componenti e le materie prime sono disponibili ma il loro esatto posizionamento all’interno di una rete globale di fornitura e distribuzione è fattore abilitante dell’efficienza.
Si parte quindi da un’analisi dello status quo che tenga conto delle peculiarità dell’azienda e che porti alla scelta del primo cantiere sui cui intervenire e introdurre le tecnologie abilitanti, nella consapevolezza che la digitalizzazione di processi inefficienti incrementa rigidità e costi.
Il risultato è trovare il modo più congeniale per ogni azienda di ridurre il time to market, garantire alti standard di qualità e tracciabilità e nello stesso tempo essere in grado di diminuire i costi operativi.
Il tutto va allineato con una logica di differenziazione rispetto ai competitor per cogliere impatti positivi sulle performance finanziarie e sull’immagine dell’azienda.
La digitalizzazione viene in aiuto di questo difficile equilibrio contribuendo all’aumento della visibilità su ogni nodo della value chain, in pratica permettendo di pianificare gli approvvigionamenti in maniera più opportuna, elaborare piani di produzione realistici che ottimizzino l’impiego della capacità produttiva, sfruttare sinergie logistiche con vantaggi sui tempi di consegna, sui costi e sulla sostenibilità.
Questo significa rendere stabili e più robusti tutti i processi a vantaggio di un incremento della qualità del prodotto e di una conseguente riduzione dei resi, abbattendo i costi operativi e aumentando la flessibilità di produzione.
Grazie alla molteplicità di informazioni acquisite in tempo reale da sensori e dispositivi IoT (Internet of Things) e le piattaforme analitiche in cloud a supporto del data driven decision making, l’azienda diventa estremamente più agile nei confronti di tendenze emergenti, di variazioni della domanda permettendo così un’elaborazione più precisa nei forecast.
Si evita pertanto il fenomeno noto come Effetto Bullwhip, secondo cui a piccole variazioni della domanda seguono spesso reazioni sproporzionate in ambito produttivo, in un senso o nell’altro.
La trasparenza dei dati e la collaborazione automatizzata tra Fornitori e Azienda pone un forte tema di cybersecurity.
Se da un lato il livello di trasparenza fornito dalla digitalizzazione genera una grande potenzialità in termini di flessibilità produttiva, dall’altro sottolinea la sfida di garantire che i dati di tutte le parti interessate siano mantenuti sicuri e l’accesso da parte di chi è esterno all’organizzazione sia relativo solo alle informazioni pertinenti.
Conclusioni
La digitalizzazione dei processi è un alleato impareggiabile per le aziende che hanno necessità di anticipare le richieste dei consumatori, velocizzare la realizzazione di prodotti personalizzati e tracciabili, ottimizzando le risorse aziendali.
Il successo è però imprescindibile dalla capacità di innovare l’organizzazione e da un commitment non delegabile dei vertici aziendali che agevoli l’acquisizione di competenze digitali, semplifichi i processi decisionali e investa nella creazione di una cultura del cambiamento.