Nel corso del workshop on-line della Leading Business School di sabato 8 maggio 2021, organizzato dal gruppo di lavoro «Transizione Ecologica, Economia Circolare e Sostenibilità», di cui faccio parte, uno dei temi trattati riguardava lo stato dell’arte della gestione dei RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).
Affinché la presentazione, oltre a essere esaustiva, fosse anche autorevole, abbiamo invitato ai lavori l’ing. Giorgio Arienti, General Manager di Erion WEEE, il più grande consorzio italiano per la gestione dei RAEE.
Anche a un lettore poco informato o poco attento sulle tematiche del corretto recupero e riciclo virtuoso dei materiali di cui sono composti i RAEE, dovrebbe risultare intuitivamente facile comprendere che nei RAEE risiede una buona parte dei rifiuti che prioritariamente andrebbe gestito e valorizzato: in primis in Italia, ma anche in Europa e in pratica in tutto il mondo.
Desumendo alcune informazioni dalla presentazione dell’ing. Arienti, vediamo ad esempio che il target italiano di raccolta pro-capite media di RAEE è di 9,50 kg e che nel 2019 la raccolta è stata di 5,69 kg, determinando dunque un gap di mancata raccolta di 3,81 kg a testa.
L’Italia è, tra in paesi europei, al 16° posto in quanto a raccolta pro-capite di RAEE.
Dentro queste semplici cifre c’è tutto un mondo, sempre emerso dai dati presentati al workshop: una evidente diversa performance tra Nord (7,1 kg per abitante), Centro (6,37 kg) e Sud Italia (4,70 kg) e una evidente differenza di performance di raccolta per categoria di prodotto, come risulta chiaro nel grafico seguente:

Salta agli occhi la bassissima performance della categoria R4, che contiene tutti i piccoli elettrodomestici, i piccoli prodotti di elettronica consumer, cellulari e smartphone e l’informatica consumer.
La questione è molto semplice: i piccoli prodotti rimangono chiusi nei cassetti per anni, dimenticati in nome di chissà quale logica (e ne siamo tutti vittime), e la possibilità di riciclarne i preziosi materiali di cui sono fatti è fortemente compromessa.
Peccato che, come ci ha dimostrato il nostro ospite, ad esempio nei prodotti di informatica e negli smartphone, vi siano preziosissimi materiali (metalli, terre rare, ecc.) da recuperare e riutilizzare, i cosiddetti «Critical Raw Materials».
Testualmente, dalla presentazione dell’ing. Arienti:
«I Critical Raw Materials, o Materie Prime Critiche, sono i pilastri su cui si fonda il comparto industriale moderno, e rappresentano tutte quelle materie prime non energetiche necessarie per la produzione di una vasta gamma di prodotti e servizi utilizzati nella vita di tutti i giorni e per lo sviluppo delle importanti innovazioni tecnologiche più eco-sostenibili e competitive a livello globale.
Tali materie prime sono definite critiche perché sono sia di grande importanza per l’economia europea sia soggette a un elevato rischio di approvvigionamento.»
L’immagine di seguito evidenzia la rilevanza mondiale del problema: per poter contare ogni giorno sui nostri «mobile device», sui nostri «laptop», ecc., dobbiamo renderci conto che anche la geopolitica ha una sua rilevanza; riutilizzare, attraverso il riciclo, tutti i materiali contenuti nei nostri rottami assume quindi una doppia valenza: economica e ambientale.

Nel corso dello stesso workshop, un collega ha fatto al nostro ospite una domanda molto interessante: «Recentemente, in una azienda per cui lavoravo, mi sono trovato a dover dismettere una grande quantità di computer, ormai obsoleti, ma ho incontrato molte difficoltà di carattere burocratico per ottenere le autorizzazioni e, soprattutto, non ho potuto semplicemente conferire i RAEE dell’azienda potendo contare sulla stessa legge che regola il conferimento ai consorzi per i prodotti “consumer”, sebbene siano sostanzialmente i medesimi.
Ovviamente, la risposta del nostro ospite ha confermato i limiti della attuale legge sui RAEE in Italia, che autorizza il ciclo di conferimento immediato, facilitato solo agli attori della filiera consumer e NON permette alle aziende di fare lo stesso.
Questo interessante passaggio del workshop ci permette di aprire una finestra su un altro importante collo di bottiglia verso il raggiungimento di una Economia Circolare compiuta: il ruolo del legislatore.
Inutile farsi illusioni: alla base del processo virtuoso della gestione dei rifiuti, è necessaria una regolamentazione completa, efficace e coerente rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che l’Europa si è posta con il Green Deal europeo: -50 / 55% di emissioni entro il 2030 (rispetto alle emissioni rilevate nel 1990) e emissioni nette 0 entro il 2050.
Di pari passo (e questo è un auspicio), ci vuole una più alta sensibilità e consapevolezza sugli stessi temi da parte di imprenditori e manager; noi del gruppo di lavoro «Transizione Ecologica, Economia Circolare e Sostenibilità» cerchiamo di fare del nostro meglio per coinvolgere i colleghi di Leading Network su questi temi, che nel breve volgere di alcuni mesi siamo convinti riguarderanno tutti noi.