È indubbio che siamo alle soglie di grandi cambiamenti epocali e, paradossalmente, anche l’evoluzione verso una green economy più spinta, reale, quindi potenzialmente salvifica, non sarà esente da grandi sconvolgimenti.
Un Green New Deal Globale
Descrive bene questo passaggio, dal punto di vista economico, Geremy Rifkin, nel suo «Un Green New Deal Globale» (Mondadori 2019); secondo Rifkin nei prossimi cinque anni emergeranno una lunga serie di «Stranded Assets» nei combustibili fossili (letteralmente Risorse Bloccate, altro termine per dire obsolete), che determineranno un rapido e ineluttabile passaggio alle energie rinnovabili e cosiddette green, tali da cambiare nel breve volgere di alcuni anni gli assetti macro economici del mondo intero.
Se con Harari e O’Connel abbiamo dato una sbirciatina a un futuro ancora lontano dalla nostra portata, con Rifkin stiamo affermando che appena dopo la crisi pandemica (crisi economica, in questa sede) dovremo subito affrontare un altro importante passaggio epocale, che avrà conseguenze molto rilevanti in tutto quello che andremo a fare, professionalmente parlando.
Non c’è spazio, né tempo, in questo contesto, per i negazionisti; dare spazio a questa espressione «controcorrente» sarebbe una inutile perdita di tempo.
Associare il tema Business a quello della Sostenibilità non è opportuno solo perché in questi tempi ci sono risorse e opportunità da cogliere, ma perché, oltre alle opportunità, ci sono anche dei doveri nei confronti del luogo che, ancora per molto, ospiterà la maggior parte degli esseri umani: il pianeta Terra.
Proseguendo la corsa del convoglio Terra con gli stessi criteri attuali, è ormai previsto (o prevedibile) che entro il 2050 vi sarà un contesto ambientale praticamente vicino al collasso e alla impossibilità di condurre la nostra vita così come la conosciamo ancora oggi.
Senza un “luogo” adatto, le sfide che l’umanità si prefigge di intraprendere e gli obiettivi che ritiene di dover raggiungere non saranno ottenibili su larga scala.
Si potrebbe immaginare una élite composta da poche migliaia di persone, che vivrebbero confinate in una stazione lunare o marziana; ma questa soluzione è sinceramente paragonabile alla vita sulla Terra? Ovvero, a fronte della “salvezza” di poche decine di migliaia, si può ragionevolmente ipotizzare il sacrificio di diversi miliardi di individui?
Quindi la transizione ecologica sembra essere più un dovere – necessità che un’opzione.
Per definire lo spreco che gli esseri umani sono capaci di generare sulla Terra, sono solito fare due semplici paragoni: uno desunto da letture sulla biodiversità, in cui si afferma che la biomassa delle formiche sarebbe addirittura maggiore di quella dell’uomo, sebbene le formiche siano perfettamente integrate e perlopiù invisibili.
Ciò la dice lunga sulla capacità dell’essere umano di invadere l’ambiente naturale e di modificarlo.
Il secondo paragone riguarda invece un esperimento mentale; se fosse possibile disporre di una enorme piattaforma, su cui far salire tutti i 7,8 miliardi di abitanti del pianeta, come su un grande montacarichi, facendo stare quattro persone in ogni metro quadrato, che superficie dovrebbe avere il montacarichi? Quando faccio questa domanda in pubblico, le risposte sono ovviamente le più disparate, tipo la Francia o al meglio la Lombardia; tuttavia la superficie necessaria per risolvere l’esperimento è di circa 1.900 km², qualcosa in meno della provincia di Milano e Monza e Brianza messe insieme.
Quanto spreco di energie preziose può l’uomo mettere in atto per vivere la propria esistenza contemporanea, tutto sommato per una biomassa (in questo siamo simili agli altri animali), non così rilevante? Le nostre esigenze psicologiche e mentali superano di gran lunga quelle fisiche.
Imprenditori lungimiranti e orientati verso il futuro
Essere imprenditori lungimiranti e orientati verso il futuro, ma ben agganciati alla contemporaneità, significa anche occuparsi di progetti di sostenibilità, ma con un approccio aperto, multidirezionale e lungimirante.
L’esempio contemporaneo più eloquente in questo senso è Elon Musk.
L’imprenditoria orientata alla sostenibilità può essere rappresentata, anche ai giorni nostri, da un approccio industriale; l’importante è non perdere di vista il principio che tutto ciò che facciamo (produciamo) deve necessariamente tener conto delle ripercussioni sul futuro del pianeta, e quindi dell’umanità.
Dicevamo di Elon Musk; l’esempio di questo giovane imprenditore globale, e in particolare la sua multidisciplinarietà, è a mio avviso interessante in quanto rappresenta lo spirito con il quale ai nostri tempi dovrebbe essere condotta ogni attività imprenditoriale – industriale.
Non si può certo dire che Tesla non sia un tentativo riuscito di diffondere velocemente nel mondo l’elettrificazione del trasporto privato; in Tesla c’è visione, tecnologia, posizionamento, politica industriale, e anche un notevole stimolo per tutte le altre case auto, incluse le “premium”, per emulare o superare le performance delle auto Tesla.
Lo stesso Musk, tuttavia, è il fondatore di SpaceX, non propriamente un progetto in cui la sostenibilità sia il riferimento; ma se guardiamo a Tesla Motors + SpaceX + SolarCity + altri progetti che Elon Musk sta finanziando attivamente, allora si legge un disegno più ampio, quello sì legato alla sostenibilità.
La personalità di Musk è molto particolare, lo si evince leggendo la sua biografia autorizzata, scritta da Ashlee Vance, «Elon Musk, Tesla, SpaceX e la sfida per un futuro fantastico» (Hoepli, 2017); in estrema sintesi si può affermare che l’approccio imprenditoriale di Elon Musk sia un mix tra volontà ferrea di affermazione di sé attraverso le proprie idee, di visione strategica e di orientamento pratico e determinato verso ciò di cui l’umanità ritiene abbia bisogno per progredire, il tutto grazie allo sviluppo delle tecnologie, nelle quali Musk crede fermamente.
Dopo una prima fase post adolescenziale improntata alla creazione di start up nel settore dei servizi internet, grazie alle quali ha potuto ottenere notevoli vantaggi economici, successivamente le sue attività imprenditoriali si sono espresse in progetti più vicini alle sue aspirazioni più sincere: SpaceX, Tesla e SolarCity.
Piano A; Piano B
Se Tesla e SolaCity rappresentano due esempi di piano A = Sostenibilità per l’umanità del 3° millennio, SpaceX rappresenta un esempio di piano B = migrazione interplanetaria (nel caso in cui l’umanità non ce la facesse a salvare il pianeta dal disastro ecologico).
Dietro la democratizzazione dei voli su Marte, alla base del progetto dichiarato di SpaceX, risulta evidente che potrebbe esserci un risvolto più sofisticato, che è quasi un messaggio subliminale, cioè di “abituarci” all’idea che andarsene sia possibile, in caso di necessità.
Manca tuttavia nel disegno di Musk, per essere onesti, un riferimento al salvataggio della biodiversità; SpaceX non sarà e non potrà essere un’Arca di Noè, salvo forse per le specie: cane e gatto.
Difficile riuscire a tenere tutto insieme in questi contesti futuribili così estremi.
A questo punto il nostro percorso verso un nuovo modo di leggere e interpretare l’urgenza di un approccio sostenibile al business è “quasi” completato.
Siamo passati dalla sbirciatina al futuro dell’umanità, all’urgenza ecologica sulla Terra e a un esempio concreto di connessione virtuosa tra sostenibilità, futuro dell’umanità e produzione industriale.
Certo, la prospettiva di lasciare la Terra per colonizzare Marte non è propriamente un successo su tutta la linea, è piuttosto un “ambizioso ripiego”; ma è proprio per questo che Sostenibilità ed Ecologia sono due fatti molto, molto seri, che vanno assunti da tutti con impegno morale, oltre che attraverso le azioni.
Motivare, coinvolgere, progettare, agire
Pensare, come Temporary Manager, che il nostro lavoro sulla sostenibilità possa essere efficace solo se in presenza di tanti piccoli Elon Musk è non solo utopico, ma anche poco realistico.
Tuttavia questa «picture», che vuole essere una introduzione “motivazionale” ai temi legati al Green Business, ci auguriamo abbia il pregio di affrontare il tema della sostenibilità da un punto di vista diverso, inconsueto, e soprattutto coinvolgente.
L’approccio industriale e imprenditoriale NON è incompatibile con una visione sostenibile del mondo, ma il modo in cui l’imprenditore interpreta il proprio ruolo e porta avanti i propri progetti, coinvolgendo gli stakeholder nella stessa direzione, è parte cruciale del disegno.
Sono convinto che sia molto più facile creare una nuova start up su logiche di sostenibilità compiuta piuttosto che trasformare virtuosamente una realtà produttiva convenzionale, storica.
Dietro l’ovvietà di questa affermazione c’è tuttavia un fatto da tener presente, e cioè che il nostro lavoro di supporto alle aziende sarà soprattutto rivolto a realtà storiche – convenzionali, dove l’impatto ambientale è più pesante e più difficile da modificare, anche per ragioni culturali.
Il messaggio insito in questo articolo è proprio la necessità di definire un approccio strategico e lungimirante al problema, possibilmente trasformandolo in opportunità.
Se partiremo da questi presupposti, allora il nostro lavoro di Temporary Manager avrà un futuro certo e soddisfacente, altrimenti sarà un’ennesima forma di «greenwashing».