Ovunque si leggano iniziative condotte da aziende sul tema della sostenibilità, difficilmente si avvertono differenze sostanziali tra le une e le altre, quasi come se vi sia un “cliché” da seguire, pena la non credibilità o fondatezza delle iniziative stesse.
In effetti vi sono dei “must” che hanno una certa validità, soprattutto per gli “stakeholder” dell’azienda, termine che include necessariamente anche la figura del cliente: bilancio energetico, bilancio sociale, programma di sviluppo sostenibile; quanto invece alle iniziative a essi correlate, siano esse istituzionali od operative, dobbiamo riconoscere che non vi è quasi mai una forte caratterizzazione del linguaggio e dei modi in cui vengono comunicate.
Tema difficile? Sicuramente, e ricco di insidie, ma l’eccessiva cautela nel comunicare e nell’intraprendere genera scarsi risultati e conferma l’inerzia generalizzata, da parte delle aziende, di affrontare un vero percorso di transizione “green”.
Questo agire «mainstream», tipico delle aziende che “green” non sono, o lo sono molto poco, rende l’argomento sostenibilità prevedibile, noioso, erroneamente di parte e pressoché invisibile (quando un argomento è trattato sempre allo stesso modo, presto non desta più interesse in nessuno).
Fortunatamente vi sono aziende che esprimono il loro essere “green” più nei fatti che nelle parole e, in effetti, per essere onesti, è proprio questa la formula più corretta:
«non dovrei impegnarmi nel dire quanto sono “green”, ma più concretamente dovrei agire “green” e lasciare che sia il mio prodotto a parlare per me.»
Questo articolo vuole dunque essere una voce fuori da coro sul tema della sostenibilità applicata al business; se vogliamo una breve «Introduzione Motivazionale» al tema “Business e Sostenibilità”.
In Leading siamo soliti parlare di aziende, di business, di management; trovare quindi in questa sede punti di interesse tra il tema di fondo dell’articolo e le basi della nostra vita professionale non dovrebbe essere difficile, soprattutto in questi tempi “ricchi” di opportunità legate al «Green Deal» europeo.
Affinché il punto di caduta sia valido e utile, rimane prioritario intraprendere il percorso iniziando dai valori etici, morali e umanistici insiti nel tema “Sostenibilità” e NON solo analizzare e presentare i contenuti di interesse professionale ed economico.
In altre parole, suggeriamo di trattare il tema della sostenibilità abbandonando l’approccio opportunistico, tipico dell’imprenditoria da terza rivoluzione industriale, definendo presupposti seri, condivisibili e virtuosi sulla “necessità”, non solo economica (ripeto) ma morale, di sostenere attivamente il passaggio a una Green Economy compiuta, se non addirittura puntare alla ben più impegnativa Circular Economy.
La quarta rivoluzione industriale sta determinando un nuovo approccio produttivo, basato su big data e IOT; prevede anche una maggiore sensibilità verso i temi ambientali, tuttavia riteniamo che non supererà del tutto le logiche predatorie delle precedenti epoche industriali; dovremo dunque attendere la quinta rivoluzione industriale per ottenere ciò che è necessario raggiungere in termini di sostenibilità compiuta ed efficace.
Per attivare un più elevato grado di sensibilità sul tema della sostenibilità abbiamo dunque optato per un approccio quanto più distante possibile dalle argomentazioni “mainstream”, come descritto all’inizio; i riferimenti allo scioglimento dei ghiacci polari, o al colpevole incendio della foresta amazzonica, o agli effetti nefasti delle flatulenze dei bovini, che provocano il riscaldamento globale, pur essendo appropriati, tuttavia non sarebbero a nostro avviso efficaci nel creare la “motivazione” che ci preme infondere in questo consesso.
Approccio umanistico
L’approccio umanistico che proponiamo non è basato su assunti usati correntemente, bensì insoliti e se possibile visionari, sebbene coerenti con i presupposti enunciati.
Yuval Noah Harari, storico e saggista israeliano, è considerato uno dei maggiori pensatori visionari sul futuro dell’umanità, sebbene il suo capolavoro «Sapiens, da Animali a Dei» abbia colpito soprattutto per aver definito in modo convincente e definitivo la vera origine dell’uomo. Da leggere, assolutamente!
Da HOMO DEUS (Mondadori 2015), il secondo della trilogia di Harari:
Il paradosso della conoscenza
- Poiché la predizione secondo cui nel XXI secolo il genere umano mirerà probabilmente a:
- conquistare l’immortalità;
- uno stato di perfetta beatitudine;
- poteri quasi divini;
… può fare arrabbiare, istigare atteggiamenti ostili o spaventare un discreto numero di persone; in questo senso si rendono necessari alcuni chiarimenti.
- In primo luogo, questa rivoluzione non riguarderà la maggior parte degli individui, che in effetti sarà occupata da tutt’altro nel corso dei prossimi decenni … miliardi di uomini continueranno a dover gestire povertà, malattie e violenza, perfino quando le élite staranno già raggiungendo l’eterna giovinezza e uno status divino.
- In secondo luogo, questa è una previsione storica, non un manifesto politico. Adottare questi particolari progetti potrebbe essere un grosso errore. Tuttavia la storia è colma di grossi errori.
- In terzo luogo, tendere le mani non è la stessa cosa che riuscire ad afferrare; questa è quindi SOLO una predizione.
Rispetto al tema «Business e Sostenibilità» le predizioni di Harari e altre evidenze che vedremo più avanti, rendono bene l’idea di dove e come sarà possibile, plausibile, oltre che necessario, ricercare il “fil vert” della Green Economy e farlo germogliare rapidamente e vigorosamente, pena una rapida e irrimediabile criticità per la conservazione della biodiversità e del genere umano.
Il Fisico Carlo Rovelli, nel suo «7 Brevi Lezioni di Fisica» (Adelphi, 2014) affermava che la specie umana non sembra essere votata a resistere a lungo sulla Terra, e ciò proprio a causa della sua naturale predisposizione alla predazione delle risorse naturali e al consumo sfrenato e, per certi versi, irragionevole.
«Bisognerà impegnarsi molto per evitare il peggio; questo, di per sé, è già un grande “challenge”».
L’uomo, se non costretto da fattori esogeni non prevedibili, non rivedrà al “ribasso” i propri obiettivi più ambiziosi, tra cui la felicità e la ricerca dell’immortalità sono sicuramente verosimili;
La tecnologia e la scienza saranno determinanti per raggiungere tali obiettivi; tuttavia le disuguaglianze tra persone rimarranno tali, anzi probabilmente si accentueranno (Harari).
Chiarisco brevemente il significato dei 3 assunti di Harari:
- Conquistare l’immortalità (relativa, aggiungo io), significa aver completato la conoscenza del corpo umano e del suo funzionamento e, grazie alle biotecnologie e alla bioingegneria intervenire direttamente sul genoma umano e sugli organi per rendere la vita, dapprima più lunga, e poi indefinitamente lunga.
- Uno stato di perfetta beatitudine, che dovrebbe assomigliare alla felicità, che secondo l’autore sarà figlia della tecnologia, per non dire di algoritmi molto sofisticati che andranno a sostituire del tutto le nostre decisioni, evitandoci (ad esempio) errori di valutazione e quindi di scelta; oltre a ciò, le attività produttive saranno perlopiù demandate ai robot.
- Per poteri quasi divini si intende, sempre grazie a conoscenza e uso appropriato della tecnologia, la possibilità da parte dell’uomo di creare specie, di modificare specie già esistenti al pari di un creatore di vita.
Ovviamente, ognuno di questi postulati ha insita la possibilità di un’evoluzione catastrofica per l’intera umanità, e NON in senso ecologico; due esempi tra i tanti: la creazione di un superuomo o la creazione di robot antropomorfi in grado di pensare come noi:
«L’uomo sarà presto in grado di creare chi lo supererà e, molto probabilmente, lo distruggerà.»
Non voglio tuttavia però spoilerare qui le congetture di Harari; vi rimando sinceramente alla sua lettura.
Vi sono nel mondo, in particolare negli USA, un nutrito numero di persone che si considerano Transumanisti. Gravitano perlopiù attorno alla Silicon Valley, sia logisticamente sia culturalmente, e si preparano, lavorandoci duramente, a un futuro in cui sarà possibile grazie ai computer prolungare indefinitamente la propria vita intellettuale (non quella fisica).
Nelle teorie transumaniste vi sono indubbiamente dei legami con quanto detto sopra sull’immortalità relativa, sebbene nel caso di Harari si parli soprattutto di immortalità fisica dell’uomo.
Mark O’Connel in «Essere una macchina» (Adelphi 2018), descrive molto bene questa realtà utopica ma molto concreta e animata da buoni propositi da parte di veri e propri pionieri.
Tra le personalità di spicco citate nel libro di O’Connel, soprattutto in relazione alle attività sviluppate nella Silicon Valley, salta fuori il nome di Elon Musk, in origine uno dei fondatori di PayPal, di cui parleremo più avanti, in quanto rappresenta bene la figura imprenditoriale a cui bisognerebbe in parte ispirarsi per capire il vero significato di Sostenibilità in senso contemporaneo – moderno.
Elon Musk non è, a quanto ci è dato sapere, un transumanista, ma è sinceramente e brillantemente impegnato nel supportare l’uomo nella sua evoluzione: sulla Terra e fuori dalla Terra.
Da un lato c’è Tesla e SolarCity, dall’altro SpaceX; vedremo più avanti come collocarli rispetto al tema di questo articolo.
La salvaguardia della Terra come luogo dove poter vivere è dunque uno dei «challenge» più rilevanti per l’umanità, a prescindere dal futuro che vorremo riservarci.
L’uomo, a partire dalla metà del ‘700, con l’inizio della Rivoluzione Industriale, ha indotto una serie di modifiche all’ambiente, accelerate esponenzialmente negli ultimi 80 / 100 anni, che preludono a una crisi ambientale da cui sarà difficile uscire indenni.