Il Digital Export attraverso i marketplace B2B, può essere una scorciatoia o una scelta strategica?
Gran parte delle aziende prima o poi si deve confrontare con l’opportunità di sviluppare parte del proprio business – soprattutto estero – attraverso i Marketplace.
Soltanto ieri le medesime hanno dovuto confrontarsi con i Social ed ecco una nuova sfida digitale, molto più impegnativa perché a differenza di questi implica consistenti investimenti.
Key figures del B2B italiano
Secondo l’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2020 l’export digitale B2B ha raggiunto un valore di 127 miliardi di Euro, con un calo del 5% rispetto al 2019, ma un aumento dell’incidenza sulle esportazioni complessive di prodotti pari al 29%.
Si tenga presente che, nel medesimo periodo, l’export digitale B2C ha un valore di 13,5 miliardi di Euro.
La filiera più digitalizzata del B2B si conferma quella automobilistica, che rappresenta il 18,5% dell’export digitale B2B per un valore di 23,5 miliardi di Euro (circa il 65% dell’export automotive). Seguono il tessile e abbigliamento con 18,3 miliardi e la meccanica con quasi 15 miliardi. Poi vengono il largo consumo (10 miliardi), il farmaceutico (6 miliardi), il materiale elettrico (5 miliardi), l’elettronica (3,5 miliardi), e una molteplicità di altri settori che complessivamente costituiscono oltre il 36% dell’export digitale B2b e valgono circa 47 miliardi.
I Marketplace come scorciatoia non priva di insidie
La totale digitalizzazione del processo d’acquisto non avviene peraltro solo sui Markeplace, molti hanno certamente esperienza con piattaforme d’acquisto proprietarie create dalle grandi aziende aventi lo scopo di ottimizzare i processi d’acquisto, non senza mal di pancia per i fornitori.
Nei processi e nelle tattiche di vendita, si parla spesso dell’importanza dell’aspetto relazionale, crescente in modo proporzionale al valore della merce scambiata: ad esempio la relazione conta relativamente poco nelle lavorazioni meccaniche e molto di più per i beni strumentali e l’equipment industriale, per i quali i processi di vendita sono anche più lunghi e complessi.
Quando si decide di aprire un account su Marketplace la parte di marketing e di promozione – ivi compreso lo sforzo relazionale nell’acquisizione del cliente – conta poco o nulla, dal momento che se ne fa carico la piattaforma. In questo senso l’aspetto positivo per le aziende consiste proprio nel risparmio di risorse e di tempo necessario alla costruzione di una relazione col cliente.
Ciò è vantaggioso per le piccole aziende dove non vi sono risorse interamente dedicate al marketing e talvolta nemmeno alle vendite: è il caso ad esempio di quanti operano in conto terzi, abituati ad avere pochi clienti, e al business del passaparola. Mi riferisco alla galassia delle officine meccaniche, ai trasformatori di gomma e plastica, alla metallurgia e in genere a quanti non devono promuovere un proprio brand.
Per costoro i Marketplace sono una “direttissima” che va dritta al bisogno del cliente anzi, è proprio la risposta a un bisogno manifestato digitalmente.
Non per questo l’attività di vendita connessa al Marketplace è semplice ed economica poiché:
- si devono realizzare molte offerte, messe a confronto dai buyer alla ricerca della maggior convenienza; ecco che la redemption può essere bassa; vietato lamentarsi se si fanno troppe offerte per niente;
- occorre essere reattivi alle richieste, ovvero presidiare adeguatamente il Marketplace;
- si deve gestire al meglio la logistica;
- soprattutto, l’azienda deve essere competitiva dal momento che il prezzo è la variabile critica.
Il Marketplace – lo dice la parola – è come un grande Mall in cui negozi trasandati, gestiti male o con prezzi fuori mercato non beneficiano del traffico di clienti.
In altre parole, affinché l’esposizione sui Marketplace sia redditizia occorre essere comunque preparati e non si può improvvisare. Inoltre ci deve essere la consapevolezza che i competitor possono risiedere in Paesi dove i costi di produzione sono più bassi.
I Marketplace come scelta strategica di Sviluppo Business
Qualche giorno fa, un’azienda attiva nella produzione di ricambi non originali per veicoli off-road mi ha chiesto un’analisi di mercato area UE ed Est Europa per capire se aprire un e-commerce per queste Regioni: approccio corretto data la grande entità dell’investimento richiesto (varie decine di k€).
Viceversa, un’officina meccanica mi ha raccontato un’esperienza non positiva con un Marketplace di lavorazioni meccaniche a disegno (la ragione di ciò è riconducibile alle quattro esposte sopra) a fronte di un investimento modesto (pochi k€).
Si tratta di due approcci diversi, uno strategico e l’altro tattico, quest’ultimo nato nel buio del lockdown Covid di fine 2020.
La decisione di creare un profilo nel Marketplace deve essere strategica e non il frutto della tentazione della scorciatoia verso il mercato: infatti vi sono molti fattori da considerare; in primis:
- adeguatezza del proprio prodotto ai gusti del mercato target, specie se il Marketplace è Regionale;
- adeguatezza del prodotto allo specifico Marketplace;
- abitudini d’acquisto della clientela;
- comportamento della principale concorrenza in relazione al Digital Export;
- posizionamento del prodotto;
- business atteso;
tutti fattori da analizzare – tra gli altri – come avviene nel marketing “tradizionale”.
È possibile e doveroso quindi ricondurre la scelta di aderire a un Marketplace come una opzione da validare nel contesto di un piano complessivo di business, in aggiunta e raramente in sostituzione dei canali di business abituali per l’azienda.
Il Marketplace non rende in sé, occorre farlo rendere.