Per i prossimi dieci anni almeno, tutte le politiche industriali non potranno essere efficaci se non facendo i conti con la Geopolitica.
Finiti i tempi di una globalizzazione “senza se e senza ma“, come se fosse un gioco di società per manager e aziende.
L’Occidente usa l’embargo nei confronti della Federazione Russa come arma economica per evitare uno scontro militare diretto.
Siamo in uno stato di pace (militare) sospesa ma in piena guerra economica, con conseguenze simili.
La Cina potrebbe invadere Taiwan con conseguente possibile embargo anche in quella direzione, per non parlare della ri-costituzione improvvisa, ma non improvvisata, di due blocchi contrapposti: Occidente e Oriente.
Tutto è improvvisamente messo in discussione.
E le aziende che hanno investito in delocalizzazione o che hanno esteso strategicamente i loro confini commerciali oltre confine?
Recentemente mi sono imbattuto in un sito web di un produttore brianzolo di arredamento che tra le varie collezioni ne presenta due dal nome imbarazzante: una “Moscow” e l’altra “Kiev”; ma quante sono le aziende italiane che hanno scommesso tutto su questi mercati?
Geopolitica e industria
Mai avrei pensato, almeno fino a due mesi fa, che avrei potuto appassionarmi alle letture di geopolitica.
Per ogni CEO, Direttore Generale, Direttore Commerciale, rimanere informati su questi temi è diventato un must e adottare una strategia industriale – commerciale di medio lungo periodo basata sulla geopolitica non solo è logico ma è lungimirante.
Ho elaborato dunque un primo semplice strumento di pre-analisi strategica basato su elementi di geopolitica.
Un collega esperto con cui mi sono confrontato, dopo una breve riflessione, ha derubricato il tutto all’analisi PESTEL, la famosa analisi di marketing che dovrebbe precedere ogni start up, ogni lancio di nuovo prodotto, ogni iniziativa commerciale espansiva, e dove “P” sta per Politica.
Dal confronto con un altro collega, ne sono emerse considerazioni più accurate: viviamo in un mondo sempre più VUCA (acronimo di Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), che quindi richiede alle aziende una analisi di «risk assessement» particolareggiata e continua.
Partiamo da ONU
Sebbene l’ONU non sia considerata dagli esperti un contesto particolarmente efficace dal punto di vista politico, tuttavia riteniamo che rappresenti fedelmente il quadro generale delle contrapposizioni a blocchi tra i paesi membri, almeno nelle intenzioni. Gli stati membri sono 193.
Già dalle prime righe presenti nella sezione ONU di Wikipedia, ci possiamo imbattere in questo passaggio: «Dal 1991 la Repubblica di Cina (Taiwan) ha ripetutamente presentato petizioni per essere riammessa nell’ONU, come rappresentante solo degli abitanti di Taiwan, e non di tutta la Cina…
Tutti questi tentativi sono andati incontro a rifiuti, o perché la petizione non è riuscita a ottenere voti sufficienti per essere inserita nell’ordine del giorno formale, o perché la domanda è stata respinta dall’ONU, principalmente a causa dell’influenza della Repubblica Popolare Cinese.»
Il fatto che Taiwan non ne faccia parte, e che l’Ucraina sia un membro dell’ONU, conferma da un lato l’inconsistenza politica dell’ONU ma al tempo stesso porta comunque a guardare con una certa preoccupazione al futuro.
Dei 193 membri, ve ne sono alcuni che hanno maggiori poteri.
«Il Consiglio di sicurezza dell’ONU è composto da quindici Stati membri, di cui cinque sono i membri permanenti: Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti; i restanti dieci, non permanenti, vengono eletti a rotazione ogni due anni. Ciascuno dei cinque membri permanenti detiene il potere di veto sulle risoluzioni, cioè la possibilità di impedire l’adozione di un provvedimento anche contro il parere degli altri 14 membri del Consiglio.»
Concludiamo questo passaggio sull’ONU, accennando al Consiglio per i Diritti Umani (UNHRC), che ha sede a Ginevra, e che è composto da 47 seggi.
«Riunito d’emergenza il 6 aprile 2022, la Russia viene sospesa dal Consiglio per i diritti umani di Ginevra esprimendo «grave preoccupazione per la crisi umanitaria in Ucraina, in particolare per le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca». L’8 aprile le autorità russe hanno deciso di chiudere le sedi moscovite delle organizzazioni impegnate nel rispetto dei diritti umani, tra le quali Amnesty International e Human Rights Watch.»
Ovviamente non intendiamo esprimere pareri politici in merito a queste informazioni, ma solo rilevare che ONU, risoluzioni ONU e dinamiche esterne all’ONU riguardanti suoi stati membri, stanno diventando rilevanti per la nostra attività di manager; questo è il principio che mi ha portato a scrivere questo articolo.
Uno schema di pre-analisi strategica
Il punto di partenza è dunque il panel dei 193 paesi membri ONU, inseriti in un foglio excel, aggiungendo in fondo i paesi non membri e che vengono ritenuti rilevanti; in effetti escludere dai membri ONU il paese maggior produttore di semiconduttori al mondo è perlomeno curioso.
Dietro gli interessi «culturali» della Cina Popolare, rispetto a Taiwan, sembra dunque esserci un interesse ben più rilevante, che passa per l’industria e l’economia, ma forse anche (ed è un eufemismo), per importanti ragioni politico – strategiche.
Bastano alcuni dati riferiti a questo mercato strategico a livello mondiale, per comprenderne la portata:
- Design semiconductor: 17% Taiwan / 65% USA
- Fabbricazione semiconductor: 60% Taiwan / 8% USA
- Assemblaggio semiconductor: 53% Taiwan / 13% USA
è un po’ come se la globalizzazione sia stata fin qui una grande sbornia collettiva, che però non ha tenuto conto (o non ha voluto scientemente tener conto) dell’intreccio morboso tra economia, egemonia e storia dei popoli, il tutto accomunato dall’ancestrale rilevanza della territorialità (per non dire animale) dell’essere umano e, per estensione, dei popoli.
Certo, i semiconduttori non sono l’unico ambito di interesse economico che possa muovere le grandi potenze economiche, che sono anche irrimediabilmente potenze militari, le une contro le altre, seppur per interposta nazione; anzi, se alcune potenze economiche non sono state fino ad ora potenze militari, come ad esempio la Germania, proprio per via di questa crescita miope del commercio globale, sfociata nella crisi russo-ucraine, presto lo diventeranno.
Una volta preparato il foglio excel di partenza, è necessario che le prime colonne siano occupate dalle varie risoluzioni ONU.
Non è necessario andare indietro nel tempo, in quanto “l’ora zero” è scoccata con la votazione sulla risoluzione di condanna dell’invasione russa in Ucraina. Questo è il vero e proprio spartiacque da cui partire per ogni possibile riflessione strategica di export management nella nuova fase della globalizzazione.
141 voti a favore, 5 contrari e 34 astenuti, ma se guardiamo in termini di popolazione mondiale, il dato è significativo:
- Voti a favore (141): 45% della popolazione mondiale,
- Voti contrari (5) + astenuti (34): 55% della popolazione mondiale
- Elenco dei contrari:
- Bielorussia; Corea del Nord; Eritrea; Federazione Russa; Siria.
- Elenco degli astenuti:
- Algeria; Angola; Armenia; Bangladesh; Bolivia; Burundi; Repubblica Centrafrica; Cina; Congo; Cuba; El Salvador; India; Iran; Iraq; Kazakhstan; Kyrgyzstan; Laos; Madagascar; Mali; Mongolia; Mozambico; Namibia; Nicaragua; Pakistan; Senegal; Sud Africa; Sudan del Sud; Sri Lanca; Sudan; Tajikistan; Uganda; Tanzania; Vietnam; Zimbabwe.
Saltano agli occhi due cose:
- la rilevanza, secondo gli esiti della votazione, dei due blocchi contrapposti «Occidente – Oriente»;
- l’estrema difficoltà nell’individuare i paesi – mercati più affini ai nostri obiettivi presenti e futuri e la necessità, argomento non nuovo per chi opera in azienda, del compromesso.
A questo proposito notiamo che nell’elenco dei paesi astenuti ci sono Algeria e Congo.
Ma Algeria e Congo non sono i due paesi in cui il nostro governo si è recentemente recato nel tentativo di acquisire fonti di gas alternative al gas russo? Eppure sono paesi che non hanno votato a favore della risoluzione: si sono astenuti al pari di Cina e India.
La Geopolitica, come la Politica, sembra anch’essa mossa dalla necessità di scendere a compromessi, così come, riteniamo, debba essere la politica commerciale delle aziende, con un distinguo però, determinato dalla necessità di distinguere i mercati tattici dai mercati strategici.
Benvenuta Geopolitica, dunque!
Mercati tattici (T) e mercati strategici (S)
Tornando al foglio excel, a parte le prime colonne, nelle quali dovremo tenere aggiornate le evoluzioni delle posizioni nel tempo (nella fattispecie votazioni risoluzioni ONU), potremo liberamente aggiungere altre colonne con informazioni per noi rilevanti, con particolare attenzione verso quei paesi che rientrano nella nostra strategia – area di azione / influenza.
Popolazione, PIL pro capite, PIL, appartenenza a gruppi di potere quali NATO, G7, G20 etc possono essere utili per le nostre analisi strategiche.
Per essere più efficaci, una volta costituito l’intero quadro, il suggerimento è di utilizzare la funzione “Filtro” e “Pivot”, andando a fare analisi puntuali.
Vi saranno probabilmente un certo numero di paesi – mercati un po’ in bilico tra il blocco Occidente e Oriente, ma questo è del tutto normale.
Dopo questa suddivisione per blocchi, le restanti colonne dovranno riguardare specifiche esigenze aziendali, che possono essere le più svariate: di prodotto, di distribuzione, di plant produttivo, di presenza di filiali, di sviluppo strategico, ecc.
Qualsiasi siano gli obiettivi della vostra analisi, partendo dal presupposto che il compromesso è parte della politica industriale e commerciale di una azienda di successo, sarà importante stabilire bene, alla luce della rilevanza della geopolitica per almeno i prossimi 10 anni, quali siano i paesi – mercati da definire tattici (T) e strategici (S), e agire di conseguenza.
Ciò significa che un mercato “T” non sarà per forza di cose bandito dalle nostre attività, ma se solo avevamo in mente di farci una fabbrica, o di aprire una filiale, forse sarà meglio farlo altrove, oppure optare per una partnership con un operatore locale.
Al contrario, l’orientamento stabile e costruttivo verso un paese – mercato “S” dovrà rappresentare una priorità per la nostra azione, soprattutto se tale azione richiede investimenti consistenti.
Anche nella costruzione e gestione della forza vendita export sarà rilevante d’ora in poi considerare la geopolitica.
E la NATO?
Ancora più stringente ed eminentemente occidentale, l’elenco dei 30 membri della NATO (acronimo di North Atlantic Treaty Organization), di fatto è un trattato di alleanza militare, stipulato il 4 aprile 1949 da parte di 12 Paesi fondatori: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti.
Di seguito i 30 paesi membri: Albania; Belgio; Bulgaria; Canada; Croazia; Danimarca; Estonia; Francia; Germania; Islanda; Grecia; Italia; Lettonia; Lituania; Lussemburgo; Macedonia del Nord; Montenegro; Norvegia; Paesi Bassi; Polonia; Portogallo; Regno Unito; Rep. Ceca; Romania; Slovacchia; Slovenia; Spagna; Stati Uniti; Turchia; Ungheria.
Disposizione territoriale della NATO nel globo terrestre e cronologia dell’ingresso di nuovi membri.
La NATO accentua ulteriormente il senso di blocchi contrapposti, già evocato tra i membri ONU ma la compattezza della NATO rappresenta attualmente un fatto concreto.
La NATO è stata costituita alla fine degli anni ’40, per contrastare il possibile allargamento dell’influenza politica Comunista verso altri paesi occidentali; palese risulta dunque l’avversione dell’attuale vertice della Federazione Russa per tutto quanto sia NATO.
Commercialmente parlando: «volete entrare in mercati coesi e solidi dal punto di vista dei rapporti che contano in questa epoca storica? Beh, scegliete i paesi accomunati dall’appartenenza alla NATO, sebbene con dei distinguo.»
Prendiamo ad esempio Svezia e Finlandia, che dalle cronache di questi giorni sembra potrebbero presto entrare a far parte della NATO: se ciò si avverasse, potrebbe essere non senza conseguenze di carattere militare per loro e per i loro territori; da un certo punto di vista potrebbero essere commercialmente più stabili in quanto membri ONU che membri NATO.
Prendiamo la Turchia, che è da settant’anni all’interno della NATO e che rappresenta un punto di raccordo fondamentale tra Occidente e Oriente.
Si può considerare la sua una posizione stabile? Un’analisi più approfondita sarebbe opportuna.
Analizzate dunque bene i vostri paesi obiettivo e verificate, nel tempo, il loro atteggiamento ufficiale, ad esempio rispetto alle risoluzioni ONU ma anche più generalmente rispetto alle cronache di politica estera; sarà evidente, dopo un po’ di tempo, il grado di rischio «commerciale o industriale» che potenzialmente state correndo, tenendo però sempre presente che la ricetta che vi stiamo suggerendo non è da «dentro o fuori», ma da «dipende», con approccio strategico di tipo “T” o “S”, a seconda del paese.
Completano il quadro suggerito dallo strumento di pre-analisi appena delineato, una colonna dedicata all’eventuale fatturato storico già sviluppato nei paesi presenti in elenco e la colonna obiettivi di fatturato, per allineare gli apporti export “T” ed “S” ai vostri obiettivi generali.
Ci risulta infine necessario, da parte delle aziende interessate, stabilire contatti e coltivare relazioni dirette con Istituti ed esperti di geopolitica: ve ne sono veramente parecchi, difficile proporne alcuni escludendone altri.